La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti. Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d’inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità al trasporto pubblico. Tuttavia alcune misure necessarie difficilmente saranno accettate in modo pacifico dalla società senza un miglioramento sostanziale di tale trasporto, che in molte città comporta un trattamento indegno delle persone a causa dell’affollamento, della scomodità o della scarsa frequenza dei servizi e dell’insicurezza. Poche parole, chiare e nette. Le ha scritte Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si”, ma sembra che in molti se ne siano già scordati. Non bastano i seminari ed i convegni che ogni settimana si svolgono su e giù per l’Italia con la partecipazione degli addetti ai lavori. “Abbiamo bisogno di fare una grande azione di evangelizzazione” ha detto Giuseppe Catalano, professore e componente della Struttura tecnica di Missione del MIT ad una platea di dirigenti chiamati da Federmobilità per analizzare il nuovo decreto 50/2917 sul trasporto pubblico locale. Perché “un’occasione come quella che abbiamo in questi mesi, non ci capiterà più e dobbiamo cogliere immediatamente le opportunità”. Il cammino è complesso e pieno delle insidie di un ordinamento federale non solo farraginoso, ma schizofrenico. Nel campo dei trasporti le regioni hanno comportamenti diversissimi: qualcuna aggiunge soldi a quanto stanziato centralmente, altre non ci mettono un euro. Ci sono differenze tra Nord e Sud, tra Est ed Ovest, tra Centro-destra e Centro-sinistra. “Non stupiamoci – dice Catalano – se ci son due regioni confinanti al nord Italia, entrambe amministrate dalla Lega una delle quali stanzia cifre sostanziose alla quota del Fondo Trasporti, mentre l’altra sostanzialmente nulla”. E i diversi ordinamenti (e comportamenti) non riguardano solo il finanziamento: ci sono le Agenzie della Mobilità, che ciascuna regione ha strutturato a modo suo. Chi le ha fatte regionali, chi in ambito provinciale, chi gli ha conferito i beni strumentali dei comuni, chi le ha messe in condizione di bandire le gare, chi le utilizza per la gestione vera e propria dei diversi sistemi di trasporto (dai semafori ai parcheggi, passando per il car-sharing o la gestione delle ZTL). In sostanza: nessuna possibilità di programmazione nazionale. Il percorso decisionale è estremamente tortuoso. Si stanziano x milioni per acquistare autobus, se ne discute nella Conferenza Stato-Regioni, Conferenza Unificata, Assessorato regionale, magari le ex province. Si raggiunge un accordo di ripartizione, e si deve andare dalle aziende che gestiscono il TPL per chiedergli che mezzi gli servono. A questo punto si bandisce la gara. Nel frattempo era stato fatto lo sbarco su Marte. Mettiamoci poi il timore, assai diffuso ormai tra i pubblici funzionari, di formare una carta sbagliata. Una tremenda fatica; meno male che c’è Papa Francesco.