Partiamo dai fatti: in Toscana c’è stata la prima gara “vera” per la contendibilità dei servizi di trasporto pubblico locale a livello regionale. Una gara “vera” perché – ripetiamo, per la prima volta – si sono presentati diversi contendenti al palo e, alla fine di un iter lunghissimo (e vorremmo dire: anche travagliato) c’è stata la classica cerimonia dell’apertura delle buste e la valutazione delle offerte degli ultimi due concorrenti rimasti in gara, con relativa aggiudicazione (per ora ancora provvisoria) al consorzio “Autolinee toscane”, diretta emanazione del colosso dei trasporti francese RATP.  Le altre gare (ripetiamo: finora) non hanno mai visto una reale contendibilità, e il caso dell’Emilia Romagna è troppo recente per non essere ricordato. Viva la Toscana, quindi, e si può finalmente cantare – sulla scia di Humphrey Bogart – “è il mercato, bellezza!”.  In parte è certamente così, ma forse è il caso anche di guardare il “caso Toscana” un po’ più a fondo.

Autolinee Toscane si è posta in competizione con un altro consorzio, Mobit, che raggruppava le 14 aziende che finora hanno gestito la gran parte dei servizi regionali di bus sia nelle città che fuori città, con in testa l’azienda fiorentina Ataf Gestioni, che fa capo alla società Busitalia, controllata al cento per cento dal gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. RATP (Regie autonome des transports parisiens, Ente autonomo dei trasporti parigini) è a sua volta emanazione di un gruppo, Veolia-Transdev, che oggi è il primo operatore mondiale di trasporto pubblico e che gestisce servizi di trasporto ferroviario, metropolitano e di bus e tram (ma anche di trasporto marittimo) in ben 28 stati: un gruppo, insomma, autenticamente multinazionale che può vantare un fatturato che, su scala mondiale, sfiora i 3 miliardi di euro.

Autolinee Toscane era uno società che gestisce alcuni servizi di trasporto locale in regione e che è finita nella galassia RATP attraverso i vari processi che hanno portato alla fusione del gruppo Veolia-Transdev, avvenuta nel 2011. Questa società, finora presente minoritariamente in Toscana, si prepara ora quindi, grazie al supporto del colosso RATP, a prendere il posto di tutte le altre aziende che hanno fin qui operato in regione: è il mercato, bellezza, e occorre rassegnarsi perché – quando le rotative sono in stampa – fermare l’uscita dei giornali è impresa praticamente impossibile. Sembrerebbe tutto lampante e trasparente, ma anche le opposizioni di quanti sono usciti sconfitti dalla competizione della gara vanno tenute – non fosse altro per obiettività – presenti.

L’assessore regionale ai Trasporti, Vincenzo Ceccarelli, ha già fatto presente che l’esito della gara dovrà ora passare al vaglio delle 19 verifiche previste prima dell’aggiudicazione definitiva del contratto (prevista nell’arco di due-tre mesi, salvo l’alea dell’esame di eventuali ricorsi). Nel frattempo, il consorzio Mobit e le imprese uscite perdenti dalla competizione hanno già avanzato le loro rivendicazioni. Il contratto – sostengono – è stato aggiudicato dando preminente valore all’offerta economica (il meccanismo di gara prevedeva l’attribuzione di diversi punteggi per ciascun tipo di offerta): Mobit è stata penalizzata per un’offerta al ribasso di circa 3 milioni di euro su un giro di affari che, a livello complessivo, vale circa 400 milioni di euro, una percentuale molto bassa che – sostengono le imprese soccombenti – forse avrebbe potuta essere compensata dal valore dell’offerta tecnica, dove Mobit era invece risultata vincitrice. L’offerta tecnica significa che Mobit era in grado di offrire il rinnovo dei mezzi e i conseguenti investimenti nell’innovazione tecnologica e nel miglioramento dei servizi (secondo quanto previsto dal bando di gara) a condizioni migliori di RATP. Il criterio economico, insomma, non viene valutato come il principale elemento che avrebbe dovuto influenzare il giudizio per l’aggiudicazione della gara: in sottofondo, si leggono alcuni delle critiche  che – da varie parti –  si sono rivolte alle recenti scelte di politica governativa che hanno puntato soprattutto sui tagli ai trasferimenti di risorse al TPL, determinando – di conseguenza – un atteggiamento delle amministrazioni locali volto soprattutto alla ricerca del contenimento dei costi.

Altre contestazioni affondano più nel merito e determineranno, probabilmente, un contenzioso che non sarà facile da risolvere, perché tutto giocato sul filo delle leggi e dei regolamenti, che – come è noto – costituiscono un po’ il “buco nero” del settore, perché – in realtà – mai chiaramente definiti, sia a livello nazionale che europeo, in un quadro organico di riferimento. RATP è un’azienda che, in territorio francese, trae gran parte della sua forza dalla gestione di servizi ottenuti in regime di affidamento diretto e grazie al permanere in Francia di una legislazione che consente il perpetuarsi di situazioni di monopolio. In Toscana avremmo la prova provata di che cosa significa non aver risolto l’annoso tema della reciprocità per la concorrenza ferroviaria a livello europeo: è noto che le Ferrovie Italiane da tempo lamentano che il paese transalpino non consente l’ingresso dei propri treni sulla rete francese, mentre la corrispondente SNCF è presente con una quota nella società che opera in concorrenza sulle linee Alta Velocità. Nel trasporto locale, ora l’obiezione si concentra sul fatto che RATP, monopolista in Francia, risulta vincitrice sulle aziende locali proprio grazie alla forza economica che le è garantita sul proprio territorio: l’argomento va ovviamente coniugato sulla base dei dispositivi delle leggi e dei regolamenti, ma – a prescindere dal merito delle questioni – non si può non rilevare il ritardo nell’affrontare le contraddizioni di un “mercato” che, a livello sia nazionale che europeo, è ben lungi dal trovare la sua trasparente cornice regolatoria.  Si fa presto a parlare di mercato, ma bisognerebbe spiegare di quale mercato si tratta, si potrebbe dire da parte di alcuni per opporre massima a massima.

Tutte queste considerazioni – al di là del merito delle questioni e della loro legittimità – non possono però cancellare il fatto che la gara della Regione Toscana ha posto un punto fermo per lo sviluppo futuro del settore, costringendo un po’ tutti i protagonisti a fare i conti con questioni vecchie e nuove che ora diventa quasi impossibile non affrontare, dando finalmente quel quadro di certezze che è essenziale per garantire la continuità e l’impegno degli operatori e anche una prospettiva per tutti gli utenti, che sono i destinatari finali di qualsiasi processo e di cui non occorre mai dimenticarsi.